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UniCredit, il ruolo libico al consiglio di martedì

di Marigia Mangano

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19 ottobre 2008

Incassata l'approvazione della Borsa, il riassetto societario di UniCredit, che ha visto l'ingresso dei fondi sovrani libici nel capitale, approda sul tavolo del consiglio di amministrazione, con esiti al momento imprevedibili. Il tutto mentre sul mercato si attendono altre novità nel libro soci della banca e si ragiona su dismissioni importanti che l'istituto potrebbe mettere in cantiere nell'immediato futuro.
Il board di UniCredit torna a riunirsi nella sede di piazza Cordusio, a Milano, dopodomani. Secondo quanto si apprende, si tratta di una riunione «ordinaria», in attesa di quella dell'11 novembre in cui sarà invece approvata la relazione trimestrale con i dati sui primi nove mesi dell'anno. Ma, sulla carta, l'appuntamento di martedì è la prima occasione per affrontare concretamente il tema dell'arrivo, come secondo azionista dell'istituto, di Libyan Central Bank, Libyan Investment Authority e Libyan Foreign Bank, peraltro attivi anche sull'Eni. Precedentemente in possesso di una quota dello 0,87% (già Capitalia), i libici sono saliti ufficialmente al 4,23%, con l'intenzione dichiarata dal governatore della Banca centrale libica, Farhat Bengdara di crescere ancora, fino al 5%. Con una partecipazione di tale entità, è scontato che le istituzioni finanziarie libiche avanzeranno presto la pretesa di entrare nel consiglio di amministrazione: come anticipato dal Sole 24 Ore di sabato scorso, l'intenzione sarebbe quella di puntare alla vice presidenza dell'istituto, il cui numero non è limitato dallo statuto. In altri termini, si apre sin d'ora la questione di come rappresentare in consiglio i libici. E il cda di martedì prossimo potrebbe anche diventare la «sede» per perfezionare immediatamente questo passaggio chiave: in linea del tutto teorica, infatti, l'ingresso potrebbe già avvenire per cooptazione al prossimo consiglio, previe dimissioni di uno degli attuali 23 consiglieri.
Senza dimissioni, l'alternativa è quella di ampliare il numero dei componenti il board fino al massimo statutario fissato a quota 24. Passaggio che, per regolamento, deve necessariamente ottenere il via libera dell'assemblea. Ecco perché si dovrebbe attendere fino all'assemblea ordinaria della prossima primavera, quando è in scadenza l'intero board, ipotesi, quest'ultima, giudicata più plausibile al momento. Infine, la terza "finestra" per la cooptazione dei libici potrebbe essere quella dell'assemblea straordinaria convocata per il 14 novembre a Roma, ma secondo quanto si apprende, non è ancora maturato il progetto di integrare l'ordine del giorno, in modo da portare al voto già a novembre alcune modifiche statutarie, soprattutto per quel che riguarda i comitati.
Uno scenario in piena evoluzione, dunque, che si incrocia con gli assetti azionari della banca, dove l'attesa del mercato è che presto arriveranno altre sorprese. Alcune, peraltro, già annunciate: i fondi sovrani libici vogliono acquistare ancora arrotondando al 5% la quota in UniCredit. Davanti ai libici nel capitale UniCredit figura la Fondazione Cariverona. L'intenzione di Tripoli di salire ancora nel capitale di piazza Cordusio ha portato qualcuno, come logica conseguenza, a immaginare che anche l'ente presieduto da Paolo Biasi potesse essere interessato ad arrotondare la propria quota salendo fino al 6%. D'altra parte c'è chi ricorda il limite statutario dei diritti di voto, bloccati al 5%, e osserva che la Cariverona ha già dato disponibilità a partecipare all'aumento di capitale impiegando fino a 500 milioni di euro. C'è poi il capitolo Aviva, il gruppo assicurativo britannico, socio di UniCredit con una quota inferiore al 2%, che come riferito dal Sole 24 Ore di sabato scorso sta valutando un possibile incremento della partecipazione. Ma gran parte degli acquisti, osservano tra gli addetti ai lavori, potrebbero già essere stati fatti, stando ai volumi delle ultime due settimane. Con il risultato che l'attesa è di altri «annunci» a breve.

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